La perdita del potere d’acquisto si ripercuote sul mercato immobiliare con la conseguente diminuzione della richiesta di mutui e l’aumento di quelli già in essere.
Il primo semestre del 2023 testimonia un calo del 22,4% delle richieste di muto, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il mercato immobiliare vive così un’altra stagione di fuoco che mette in difficoltà i piccoli e medi risparmiatori. Discorso diverso, come sempre per gli investimenti immobiliari di lusso che seguono regole differenti e possono contare su investitori internazionali.
Tornando alla realtà di un mercato immobiliare legato alla richiesta di un mutuo, a testimoniare il trend in discesa è il Barometro della Crif, la Centrale Rischi di Intermediazione Finanziaria. Il calo del 22,4% delle richieste di mutuo è il risultato delle politiche europee antinflazione.
Nei giorni scorsi Bruxelles ha messo in atto quanto già preannunciato, alzando ulteriormente di 25 punti base i tassi, per proseguire nell’intento di diminuire l’inflazione. Le ripercussioni non riguardano soltanto la richiesta di mutui ma anche l’aumento sostanziale della rata che deve sborsare chi ha già stipulato un mutuo.
L’aumento della rata dei mutui a tasso variabile, sempre secondo i dati Crif, ha fatto registrare un +28%rispetto ai minimi di metà 2022, con un picco del +40% per i mutui di più recente erogazione, e con gli incrementi dei tassi di maggio del +0,75% e giugno +0,25%, incideranno ancor di più sulle tasche dei proprietari di casa.
E gli affitti? Sull’andamento del mercato immobiliare si è espressa anche Nomisma nel 2° Osservatorio sul mercato immobiliare 2023. Evidenziando un mercato immobiliare in sofferenza a causa della diminuzione del potere d’acquisto e di una conseguente fetta di investitori fuori gioco, Nomisma ha anche posto l’accento sul mercato degli affitti, in particolare quelli brevi più remunerativi rispetto richiesta di affitto da parte di privati o, per meglio dire, non turistici.
Il comparto delle locazioni ammonta, secondo le stime Nomisma a meno del 6% nel 2022, evidenziando la flessione degli affitti di medio-lungo periodo (-4%) e di quelli agevolati (-1,5%), mentre i contratti a canone libero avrebbero fatto registrare un +0,6%. Il trend pesa sulla spesa degli affittuari con canoni che sono cresciuti del +1,7%.
Il turismo traina il mercato
Nell’ultimo decennio i prezzi delle case nelle grandi città italiane sono rimasti sostanzialmente stabili (+1%), differente il destino di quelle nelle zone semicentrali o periferiche dove il calo è stato, rispettivamente, del 13 e del 17,2%.
Il motivo è ovviamente ricollegabile al turismo e che traina un settore immobiliare come quello degli affitti brevi. Ogni medaglia ha due lati, il primo mostra un trend che evidenzia le difficoltà dei piccoli investitori e degli affitti privati, l’altro lato mostra un gran fermento per l’acquisto o la riconversione di immobili da adibire a strutture turistiche per affitti brevi.
È evidente che le città d’arte o le mete di villeggiatura più belle e desiderate del nostro paese mostrino performance interessanti con margini di guadagno che superano quelli offerti da affitto a medio-lungo termine.